L'ultimo turno al timone toccava a me quella notte. Di lì a poco saremmo rientrati in base, dopo trenta giorni di mare.
Trenta giorni a respirare l'aria di mare, a guardare le stelle di nascosto bevendo birra. Ora, si ritornava a casa.
Ma quella notte, mentre tutto l'equipaggio era in trepidazione, qualcosa c'era nell'aria.
Arrivava un bollettino meteo in cui si preannunciavano pessime condizioni meteo in porto, tanto da pregiudicare l'ormeggio.
"Poco male", pensavo, anche perché a terra non avevo nessuno che mi aspettava e non avrei fatto altro che prendere il mio gozzo, godendomi i chiari di luna in mezzo al mare, con la scusa di andare a pescare.
Sono un pessimo pescatore, ma almeno sono uno che ascolta in silenzio quando il mare parla.
Intanto la plancia s'era affollata. Trovare sveglio il comandante alle cinque del mattino, ti faceva capire che qualcosa di grave era imminente.
Si andava alla boa per poi entrare in porto una volta che la burrasca fosse passata.
"Sarà un alba dannata" pensavo, sorridendo amaramente. Una mano si poggiò sulla mia spalla, era il nostromo. Il suo odore forte si mischiava al suo respiro al rum, tanto da riconoscerlo al buio senza nemmeno voltarmi.
"Hai sentito il bollettino? Tra poco arriva il cambio al timone per te. Tu vai sulla barca per prendere il cavo e portarlo alla boa. Mi raccomando, voglio un lavoro fatto bene. "
Mi disse con la sua voce roca consumata dal tabacco. Io mi limitai ad annuire. Sono sempre stato di poche parole.
Di lì a poco arrivò il cambio. Allora mi diressi subito sotto la motobarca a seguire l'operazione di discesa. Uno sguardo al mare e capii che non prometteva niente di buono: il mare era calmo, una tavola e la luna ci si rispecchiava tanto era limpido. Ma le nuvole, correvano veloci e presto si sarebbero raggruppate.
Tutto era pronto. Un rapido discorso al resto dell'armamento (prodiere e motorista) sulle condizioni meteo che sarebbero peggiorate in breve tempo e poi giù, in mare.
Mi tenevo distante dall'unità, per non intralciare la rotta, in continuo contatto radio.
Sentivo l'aria cambiare, il vento che da brezza diventava buriana, si iniziavano a vedere bagliori di lampi in cielo, sentivo sulla mia cerata, le prime gocce d'acqua aumentare fino a sentirmi investito dall' acqua.
Un muro fatto di pioggia fitta impediva di prendere riferimenti, i fanali di via della nave non si distinguevano più. Solo i lampi e i fulmini mi permettevano di distinguerne la silhouette. Navigavo a memoria, le comunicazioni erano nulle...perfino l'apparato VHF aveva preso acqua e gracchiava ininterrottamente, ma la meta era vicina. Avevo individuato la boa e mi dirigevo al massimo, contrastando la forza delle onde che via via diventava più forte.
Riuscii ad avvicinarmi sotto prora mentre gli uomini dall'alto iniziavano a filare il cavo : dovevo manovrare bene cosi'da non capitare tra la boa e la nave. Portato il cavo a bordo della barca, diressi verso la boa: la tensione era alta, l'acqua appesantiva i riflessi e i movimenti, ma la mia calma mi portava dritta a raggiungere quella dannata boa.
Appoggiai la prora su di lei ed aumentai la manetta, rendendo stabile l'imbarcazione. Il prodiere e il motorista, balzarono sulla boa rapidi, portandosi il pesante cavo. Lo passarono dentro la "ghirlanda" e lo assicurarono col borello.
Ciò che dovevamo fare fu fatto.
Mi sfilai rapidamente, una volta che furono saliti a bordo e intanto il sole sorgeva squarciando le nuvole, la pioggia smetteva di battere, si ritornava a bordo dell'Unità.
Eravamo zuppi d'acqua e sfiniti ma solo quando assicurammo la motobarca alle rizze, ci rendemmo conto della fatica fatta.
"Ottimo lavoro,marinai!" tuonò il nostromo incrociandomi.
"Un'altra alba dannata, per me." gli risposi, bevendo cordiale.
#nessunoenessuno
Trenta giorni a respirare l'aria di mare, a guardare le stelle di nascosto bevendo birra. Ora, si ritornava a casa.
Ma quella notte, mentre tutto l'equipaggio era in trepidazione, qualcosa c'era nell'aria.
Arrivava un bollettino meteo in cui si preannunciavano pessime condizioni meteo in porto, tanto da pregiudicare l'ormeggio.
"Poco male", pensavo, anche perché a terra non avevo nessuno che mi aspettava e non avrei fatto altro che prendere il mio gozzo, godendomi i chiari di luna in mezzo al mare, con la scusa di andare a pescare.
Sono un pessimo pescatore, ma almeno sono uno che ascolta in silenzio quando il mare parla.
Intanto la plancia s'era affollata. Trovare sveglio il comandante alle cinque del mattino, ti faceva capire che qualcosa di grave era imminente.
Si andava alla boa per poi entrare in porto una volta che la burrasca fosse passata.
"Sarà un alba dannata" pensavo, sorridendo amaramente. Una mano si poggiò sulla mia spalla, era il nostromo. Il suo odore forte si mischiava al suo respiro al rum, tanto da riconoscerlo al buio senza nemmeno voltarmi.
"Hai sentito il bollettino? Tra poco arriva il cambio al timone per te. Tu vai sulla barca per prendere il cavo e portarlo alla boa. Mi raccomando, voglio un lavoro fatto bene. "
Mi disse con la sua voce roca consumata dal tabacco. Io mi limitai ad annuire. Sono sempre stato di poche parole.
Di lì a poco arrivò il cambio. Allora mi diressi subito sotto la motobarca a seguire l'operazione di discesa. Uno sguardo al mare e capii che non prometteva niente di buono: il mare era calmo, una tavola e la luna ci si rispecchiava tanto era limpido. Ma le nuvole, correvano veloci e presto si sarebbero raggruppate.
Tutto era pronto. Un rapido discorso al resto dell'armamento (prodiere e motorista) sulle condizioni meteo che sarebbero peggiorate in breve tempo e poi giù, in mare.
Mi tenevo distante dall'unità, per non intralciare la rotta, in continuo contatto radio.
Sentivo l'aria cambiare, il vento che da brezza diventava buriana, si iniziavano a vedere bagliori di lampi in cielo, sentivo sulla mia cerata, le prime gocce d'acqua aumentare fino a sentirmi investito dall' acqua.
Un muro fatto di pioggia fitta impediva di prendere riferimenti, i fanali di via della nave non si distinguevano più. Solo i lampi e i fulmini mi permettevano di distinguerne la silhouette. Navigavo a memoria, le comunicazioni erano nulle...perfino l'apparato VHF aveva preso acqua e gracchiava ininterrottamente, ma la meta era vicina. Avevo individuato la boa e mi dirigevo al massimo, contrastando la forza delle onde che via via diventava più forte.
Riuscii ad avvicinarmi sotto prora mentre gli uomini dall'alto iniziavano a filare il cavo : dovevo manovrare bene cosi'da non capitare tra la boa e la nave. Portato il cavo a bordo della barca, diressi verso la boa: la tensione era alta, l'acqua appesantiva i riflessi e i movimenti, ma la mia calma mi portava dritta a raggiungere quella dannata boa.
Appoggiai la prora su di lei ed aumentai la manetta, rendendo stabile l'imbarcazione. Il prodiere e il motorista, balzarono sulla boa rapidi, portandosi il pesante cavo. Lo passarono dentro la "ghirlanda" e lo assicurarono col borello.
Ciò che dovevamo fare fu fatto.
Mi sfilai rapidamente, una volta che furono saliti a bordo e intanto il sole sorgeva squarciando le nuvole, la pioggia smetteva di battere, si ritornava a bordo dell'Unità.
Eravamo zuppi d'acqua e sfiniti ma solo quando assicurammo la motobarca alle rizze, ci rendemmo conto della fatica fatta.
"Ottimo lavoro,marinai!" tuonò il nostromo incrociandomi.
"Un'altra alba dannata, per me." gli risposi, bevendo cordiale.
#nessunoenessuno
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